“Natale si avvicina ma io sono ancora sconcertato dall’immagine di un paio di vecchie scarpe nere abbandonate per strada. Gli alberi decorati e l’atmosfera natalizia qui al Saint Damien dovrebbero aiutarmi a dimenticarle….ma non riesco.
È successo la scorsa settimana, di sera, non molto tardi, quando il proprietario di queste vecchie scarpe nere è stato rapito, non lontano dall’ingresso del nostro Ospedale! Tutto ciò che è rimasto, oltre alle scarpe vuote, che eloquentemente comunicano l’assenza del loro padrone, è un vecchio motorino ammaccato, non proprio vicino alle scarpe, buttate lì a poca distanza; le povere scarpe avevano tentato di portare quei piedi lontano dal pericolo: correvano il più velocemente possibile, prima di essere raggiunte…povere vecchie scarpe con le stringhe slacciate, perdenti nella lotta per raggiungere la libertà!
Continuo a pensare ai molti modi in cui il fatto può essere accaduto….ma non voglio immaginare la terribile conclusione. Mi figuro che la persona rapita fosse a sua volta una persona malvagia, forse un ladro. Mi sento più tranquillo, se ipotizzo che sia un uomo, non una donna (lo capisco dalle scarpe) che ha provocato ciò che è accaduto.
Ma cosa succede nel nostro mondo? Sembra che la violenza e l’odio siano ormai entità universali! Ma piuttosto, cosa succede a me? Sentire un senso di maggior sicurezza nell’addossare la colpa a una persona rapita. Allora capisco che, ora a Natale, ciò che è sbagliato nel nostro mondo è la mia propensione ad avere torto, a pensare cose sbagliate…. (e magari lo fate anche voi, quindi continuate ad ascoltare).
Leggiamo nella Bibbia che noi siamo stati rapiti, strappati a Dio dagli stratagemmi del Maligno e dall’irresistibile atto di disubbidienza e orgoglio di Adamo ed Eva.
Ora, di Adamo ed Eva rimangono solo le impronte dei loro passi nei Giardini del Paradiso, relitti che ci parlano di intime passeggiate con Dio: impronte simili a queste vecchie scarpe vuote.
Da allora la distanza fra noi e Dio è diventata la distanza fra noi e ogni altra persona, fino a diventare alienazione da noi stessi. Così noi tutti siamo stranieri fuori dal Paradiso e, come stranieri, siamo prigionieri dai gravi problemi che derivano dal pregiudizio, sfruttamento, diseguaglianze sociali, implacabilità, guerra!
Come se tutto questo non bastasse, siamo oppressi dalla dipendenza da droghe e alcol, soffriamo di depressione, autolesionismo, disorientamento, dall’aggressività.
Tante persone si sentono perdute, prive di valori, prive di sogni.
C’è un detto: “i folli si precipitano là dove gli Angeli temono di andare” ma ciò non significa che non ci si debba far carico dei problemi della vita; piuttosto si consiglia come non ci si deve comportare, cioè mai correre avventatamente!
La tradizione cristiana insegna che Gesù è venuto a noi nell’oscurità: la sua timida entrata nelle nostre vite è stata improntata all’umiltà e alla vulnerabilità, come dimostra la mangiatoia della sua Nascita, la strage degli Innocenti, la fuga in Egitto.
Sempre la tradizione ci insegna che Gesù è cresciuto lentamente e che ci sono stati molti anni tranquilli di maturazione, preparazione e iniziazione prima che si occupasse dell’impossibile compito di salvarci.
Ci sono alcuni che dicono che il Natale stesso è stato “rapito”, quale vittima di una guerra culturale, che vede scomparire progressivamente ogni simbolo pubblico di questa Festa.
Per tutti coloro che cercano il significato del Natale oltre all’immagine di un albero natalizio disegnato su un tazza da caffè, non c’è guerra che possa trionfare contro il messaggio di speranza del Natale: eppure è un Messaggio semplice!
Dio è con noi, in ogni momento della nostra vita, nella gioia e nel dolore, in ogni nostra battaglia fra il bene e il male. E, poiché Egli è con noi, la vittoria finale è garantita.
Vivendo, come Lui è vissuto, cercando di imitare la sua bontà, unendoci a Lui nel pagare il prezzo che ci è richiesto per salvare coloro che sono” nella tenebra e nell’ombra della morte”, noi condividiamo la sua opera di salvezza.
Dobbiamo lottare contro tutto ciò che è sbagliato in noi e intorno a noi, sostituendo la libertà alle nostre dipendenze, il desiderio di giustizia e verità alle nostre depressioni, atti portatori di vita alle nostre tendenze distruttive. Dobbiamo accorciare le distanze fra noi e costruire ponti al posto di muri, sostituire al pregiudizio il rispetto, alla guerra la pace!
“Dio è con noi”: con questa convinzione nel nostro sangue e nel nostro comportamento, possiamo distruggere montagne d’orgoglio, colmare di significato vallate vuote e riempire finalmente un paio di scarpe con i piedi dei loro proprietari. Certo è una sfida ma non impossibile!
Noi qui portiamo a compimento questa sfida con fermezza e decisione, con saggezza e grazia, anche le cuore della notte più scura e in posti sconosciuti. Ci occupiamo dei più deboli, restituiamo forza ai malati, dividiamo il nostro pane con chi ha fame. Medichiamo chi è stato ferito e vinto, vestiamo chi è nudo, guidiamo i bambini fuori dall’ignoranza con la luce dell’insegnamento. Portiamo la speranza ai dimenticati e seppelliamo i morti con rispetto, nella speranza dell’Eternità. La cosa che più conta è che noi realizziamo tutto ciò non da soli ma con l’aiuto di tante persone speciali come voi.
Grazie per il vostro continuo sostegno al nostro impegno in Haiti.
Continuiamo a lavorare insieme per eliminare le distanze e stringere i legami che ci uniscono!
Naturalmente ad alta voce e di fronte a tutti, BUON NATALE a voi e alle vostre famiglie“
Padre Rick Frechette, Port au Prince, Haiti