Diamoci una mano, prendendoci per mano: un tocco di colore per rallegrare l’asilo annesso alla Baby House S. Anne.

Marco e Paola fanno parte del gruppo di volontari partiti quest’estate per prendere parte al campus di lavoro della Fondazione Francesca Rava in Haiti; il loro compito è quello di aiutare i bambini haitiani nei laboratori di pittura. Dall’isola ecco la loro testimonianza:

“Obbiettivo della mattina: dare colore al kindergarten annesso alla Baby House Saint Anne, l’Asilo che ogni giorno offre attività educative e didattiche, giochi e spensieratezza oltre ad un pasto caldo per quasi 200 bambini!

Finita la messa di Padre Rick e la ricreazione, tutti ci siamo diretti verso la Baby House S. Anne, la struttura che accoglie i bambini da 0 a 5 anni.

Ragazzi pieni di talento hanno disegnato fiori, farfalle, orsetti, gufi e fenicotteri su dei modelli di carta che poi andranno a finire sulle pareti dell’asilo.

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Il maestro è bravissimo; ha preparato il fondo direttamente sul muro e con due pennellate di blu, di verde, di rosso e di giallo ha disegnato a mano libera un paesaggio che rappresenta delle colline, un fiume, degli alberi e dei prati. La prima parte del murales è già a buon punto; è tutto molto ricco di colore, proprio come qui ad Haiti.

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Noi aiutiamo come possiamo, come “pittori” non siamo un granché ma ci impegniamo ed abbiamo aiutato il maestro nella preparazione del fondo. Non è facile farsi capire, ma tutti sono gentili e si sforzano di comunicare con noi, soprattutto il maestro che con noi è davvero cordiale e ci coinvolge in tutti i modi.

Questo corso mostra quanto i ragazzi ci tengano a svolgere un buon lavoro; sono ragazzi molto creativi e spontanei, ma anche molto responsabili e che si impegnano davvero a fondo, prendendo le cose con grande serietà. Si vede che sono felici nel seguire questo progetto, che fin dall’inizio è partito davvero bene. Alla fine sarà un capolavoro ne siamo certi!

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Questa mattina Michelangelo ci ha accompagnati a vedere Francisville e abbiamo scoperto un mondo! La struttura è un manifesto di una delle mission più importanti della Fondazione Francesca Rava, che non è solo quella di portare immediato aiuto a chi ne ha bisogno, ma soprattutto quella di creare una serie di servizi per autosostenersi, dando agli haitiani gli strumenti per ricostruire in modo autonomo e responsabile il loro Paese.

La scelta di Padre Rick di mettere a capo di queste strutture persone del luogo, in questo senso è molto significativa. Abbiamo potuto toccare con mano il fatto che dietro tutto questo c’è una progettualità fatta da persone davvero competenti.”

Marco e Paola

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CAMPUS DI LAVORO, ESTATE 2013: LEGGI ANCHE LE TESTIMONIANZE DI MICHELANGELO, MILENA E SIMONA E DI CATHERINE, CHIARA, FEDERICA E SUSANNA.

Anche Giovanni, giovanissimo volontario e parte integrante del gruppo ci ha mandato il suo racconto:

“Difficile descrivere quello che si prova venendo ad Haiti. Sicuramente la prima parola che mi viene in mente è povertà, visibile dappertutto: dalla strada che dall’aeroporto ci ha portati a Villa Francesca alle vie di Tabarre, fino ad arrivare all’estremo delle baracche di Cité Soleil. Quest’ultima è stata forse l’esperienza che più mi ha colpito: è veramente scioccante vedere in che stato vivono le famiglie negli slums, fino a cinque persone in una baracca che potrebbe al massimo contenerne una, in condizioni di igiene inesistenti, con il continuo odore di fogna e il fumo della cucina nella stessa stanza in cui si dorme.

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Mi sono accorto che questa è stata la parte del viaggio che finora mi ha colpito di più quando ieri sera, mentre diluviava, ho pensato a quelle povere persone in quelle “case” di latta, probabilmente fradice e con la baracca allagata, e di come non dobbiamo mai dimenticarci di quanto siamo fortunati ad avere sempre un tetto sotto cui dormire. Proprio per questo il progetto della Fondazione Francesca Rava che mi ha colpito di più è stato quello di “Fors Lakay”, ovvero il progetto di ricostruzione di case dignitose per le famiglie di Cité Soleil. Vedere a confronto una casa costruita dalla Fondazione e una dello slum fa impressione, il cambiamento in meglio è straordinario: nella nuova Kay ci sono servizi igienici, elettricità e soprattutto muri in pietra e non in latta, per avere un minimo di protezione dalla pioggia e dal clima.

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Anche i bambini che abbiamo incontrato lì sono fantastici: tutto quello che vogliono è un po’ di attenzione e qualcuno con cui giocare, e questo basta a farli sorridere, a cambiare la loro giornata, a strapparli dalla routine quotidiana vissuta nella costante povertà”.

Giovanni

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